mercoledì 6 dicembre 2017

Il Volo Roma Addis Abeba del 1939 tratto da Aeronautica del GENNAIO 1996

IL VOLO ROMA- ADDIS ABEBA DEL 1939

tratto da aeronautica Gennaio 1996


Agli inizi del 1939 il giornale "Il Popolo d'Italia" di Milano mise in palio una targa per il miglior tempo sul percorso aereo Roma-Addis Abeba, da tre anni capitale dell'impero italiano in Africa Orientale. L'iniziativa aveva diversi scopi, dalla celebrazione del collegamento tra le due capitali, quella nazionale e quella dell'Impero, al collaudo per una eventuale nuova linea aerea civile della quale si prevedeva la necessità per i collegamenti, che si stavano intensificando, con l'Africa Orientale. 

Il BR. 20L "Santo Francesco"


Alla gara aderirono subito vari equipaggi, dei quali il primo a iscriversi e partire fu quello composto da Leonardo Bonzi e Giovanni Zappetta che, su un monoplano da turismo Nardi F.N. 305D con motore da 180 CV, coprirono il percorso di 4500 km, in 18 ore e 49 minuti alla media oraria di 240 km/h. Era il primo record. 

Il secondo volo, che venne appoggiato oltre che dal "Popolo d'Italia" anche dal quotidiano milanese "La Stampa" di Torino, venne effettuato il 6 e 7 marzo 1939 con un equipaggio di prim'ordine composto dal capitano Giuseppe (Peppo) Mazzolti, di 28 anni e con ottimi precedenti di Accademia, dal secondo pilota tenente Ettore Valenti, che sostituì il maresciallo Francesco Fortunato inizialmente prescelto, dal maresciallo radiotelegrafista Silvio Pinna e dal motorista della Fiat Guerrino Guerrini. Come comandante dell'equipaggio figurava Maner Lualdi, ventisettenne giornalista già affermato e con un notevole curriculum di volo alle spalle. 

Quando Maner Lualdi ottenne dagli ambienti politici e militari il benestare per effettuare il volo senza scalo RomaAddis Abeba scelse per la formazione dell'equipaggio come era logico, tra i piloti e i tecnici di sua conoscenza. Il capitano Mazzotti fu il primo invitato avendo già partecipato con Lualdi al tentativo di record Roma-Tokio, finito si piuttosto male, ma servito anche come collaudo sia dell'aereo che dell'equipaggio. Seguirono poi il maresciallo Francesco Fortunato e gli altri. Dopo la rinuncia di Fortunato a partecipare all'impresa, Mazzotti scelse subito, tra i piloti di sua fiducia, Ettore Valenti. Mazzotti e Valenti erano reduci dall'addestramento e dall'attività aerea dei "Campi della Brughiera" dove si era cementato tra loro un fraterno legame. 

Quei cinque campi della Brughiera, ricorda l'autore, così tanto legati alla storia dell'aviazione italiana e sui quali numerosi aviatori, molti dei quali divenuti poi famosi, hanno messo le ali: Lonate Pozzolo, Cameri, Vizzola Ticino, Cascina Costa, Malpensa. 

L'aereo ritenuto idoneo alla transvolata fu il Fiat BR.20L, sostanzialmente un bombardiere BR.20 modificato con l'asportazione delle apparecchiature belliche che lo appesantivano inutilmente dotato di serbatoi supplementari per ampliarne l'autonomia: così modificato poteva sollevare un carico superiore al proprio peso, condizione indispensabile in quella occasione per il forte sovraccarico di combustibile imbarcato. Il B.R. 20 era propulso da due motori radiali Fiat A.80 da 1.000 CV ciascuno grazie ai quali potè arrivare, durante la transvolata, ad una velocità di 475 km/h. La strumentazione era quella degli aerei da bombardamento del tempo: telebussola giroscopica, un contagiri sperimentale e la stazione radio telegrafica e radiogoniometrica erano quelle in uso alla Regia Aeronautica. 

Furono fatti vari voli di collaudo sia per controllo della meccanica dell'aereo sia dell'affiatamento dell'equipaggio; le prove di omologazione dettero ottimi risultati e confermarono l'affidabilità del B.R. 20 L, che fu immatricolato I-FIAT e dedicato al Santo di Assisi "Santo Francesco". Quattro mesi prima con lo stesso aereo era stato tentato il record sul percorso Rorna-Tokio di oltre 12.000 km che peraltro non ebbe, come primato, molta fortuna. 

Alle ore 22,25 del 6 marzo 1939 vi fu finalmente la partenza dall'aeroporto di Guidonia. Ma lasciamo la descrizione del volo allo stesso Peppo Mazzotti così come riportata dal giornalista Santi Corvaja sul "Giornale di Sicilia" del25 luglio 1979, in occasione del quarantennale dell'impresa: 
Il Nardi FN.305D

"La scelta del velivolo, ricorda Peppo Mazzotti, cadde sul magnifico bimotore allora già ai reparti dell' Aeronautica: il "BR 20" vero purosangue della Casa torinese, progettato dall'ing. Celestino Rosatelli, creatore di macchine d'una robustezza proverbiale. 

L'aereo era stato modificato per lo scopo: asportata la torretta della mitragliatrice di prua e tutta l'incastellatura bellica, avevano trovato posto serbatoi più capaci per un'autonomia di 5.000 chilometri. 

I due motori Fiat A.SO di complessivi 2000 HP. consentivano di sollevare in aria un carico di circa 5000 kg. mentre il peso a vuoto era di 4500 kg. 

Velocità massima 450-475 km/h a 4000 m. di quota. La strumentazione di bordo era quella in dotazione ai velivoli di serie da bombardamento. 

A Guidonia imbarcammo grossi pacchi di giornali, "La Stampa" e "Il Popolo d'Italia", appositamente stampati con la data del 7 marzo 1939. 

Avevamo ottenuto il permesso di attraversare l'Egitto e il Sudan a condizione di seguire là' rotta Roma-Cairo-Aswàn-Kartum-Oallabat-Addis Abeba. Però tale "sentiero" ci avrebbe allungato il volo di qualche centinaio di chilometri, mentre la via più breve, per ortodromia, va da Derna a Cufra, al suo traverso dritto, supera Serir Nerastro e quindi entra in Etiopia attraverso le Ambe di Goggiàm. 

E fu questa la rotta da noi scelta, in barba agli inglesi che allora comandavano in Egitto. Alle l,50 del 7 marzo sorvolammo Apollonia (Libia) in perfetto orario sulla tabella di marcia. 

Inoltratici sul deserto, la radio cessò di esserci utile per il fenomeno conosciuto come "effetto notte" che allora creava difficoltà alla navigazione aerea.
Il Cap. Mazzotti ed il ten. Valenti scendono dall'aereo ad Addis Abeba

A Roma sentivano le nostre chiamate, mentre noi non sentivamo loro. 

E un momento magico per gli aviatori italiani. Bisogna guadagnare chilometri su chilometri nel buio e nel silenzio più ermetici. 

Lualdi si prepara alle fatiche "ufflciali" dell'indomani facendo una dormitina sul lettino, in fusoliera; ma anche Pinna, disoccupato, si concede il pisolino, pur restando seduto al suo sgabello. 

Mazzotti guarda la carta di navigazione e le stelle, la bussola e l'altimetro, Valenti saldamente attaccato al volantino, Guerrini ha solo un occhio chiuso ma le orecchie aperte sul suono dei motori. 

Soffia un forte ghibli (vento caldo da sud) che rallenta la velocità del "BR 20". Ciò costringe i piloti a salire di quota per preservare dalla sabbia impalpabile i motori privi di filtri. Alle 5,25 l'aereo è al traverso di Wadi-Halfa la cui stazione radio, come d'accordo, continua a fornire i suoi rilevamenti. 

All'alba si sveglia Lualdi e Guerrini distribuisce del cognac per festeggiare il Nilo. L'aereo si mette su rotta bussola 176. Cominciano le prime chiamate e i primi messaggi augurali che mandano su tutte le furie l'attento Pinna. 

Anche quando giunge il saluto del Duca d'Asta, vicerè d'Etiopia. 
La targa messa in palio per il volo 

Ad Addis Abeba, dopo 4575 chilometri, il trionfo attende i valorosi piloti e specialisti italiani. 

Il volo fruttò all'equipaggio la "targa" messa in palio dal "Popolo d'Italia e l'iscrizione dei nomi nel libro d'oro dei primatisti internazionali. 

Ma non era finita. Perché nel volo di ritorno gli inglesi fecero pagare agli uomini del "BR 20" la "contravvenzione" dell' andata. 

Lo spassoso episodio, Mazzotti lo ricorda così: "Giunti al Cairo, dove atterrammo, fummo invitati a starcene agli arresti in un albergo del centro, che noi regolarmente bigiammo per andarci a vedere lo spettacolo del corteo reale di Faruk, succeduto al padre morto da poche settimane e che era un sincero amico dell'Italia. 

Grazie all'intervento del nostro ambasciatore Vezzolini e del governatore della Libia, Italo Balbo, l'incidente fu risolto subito e senza strascichi, permettendoci di proseguire il volo verso la madrepatria." 



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